Nel mondo della comunicazione, creatività è metodo. Non è un ossimoro: per essere proficuo, l’estro deve seguire delle regole. Soprattutto quando è volto al raggiungimento di obiettivi e quindi rientra in una cornice progettuale ben studiata. Lo stesso vale per i contenuti, che possono anche essere interessanti e di qualità, ma che perdono di efficacia se non vengono valorizzati e rimodellati secondo linee guida coerenti con la propria immagine e in armonia con i propri interlocutori.

Gli obiettivi
La produzione di contenuti aziendali deve rispondere a diversi obiettivi di comunicazione; sono diversi livelli a cui fare riferimento:
— Istituzionale. È l’approccio volto a consolidare la percezione dell’azienda come riferimento autorevole.
— Commerciale. Serve a destare interesse verso prodotti e servizi, marcando funzionalità e vantaggi.
— Digitale. Asseconda le esigenze del web in tema di posizionamento, visibilità e traffico.
Ognuno di questi livelli viene declinato a seconda del tono di voce – ovvero il modo che viene scelto per esprimere un contenuto – e del target di riferimento – ovvero i destinatari a cui ci si rivolge.

A ogni target il proprio linguaggio…
…e gli argomenti che li toccano più da vicino.
Dal commerciale al tecnico, dal consumatore finale allo stakeholder, dal potenziale cliente al cliente attivo che, non dimentichiamolo, non va mai abbandonato.
Se per esempio dovessimo parlare di una nuova piattaforma digitale:
— all’imprenditore si dirà che il tal prodotto lo farà guadagnare di più;
— all’IT manager si dirà che dialoga con i programmi già presenti e che non dovrà cambiare tutto;
— al commerciale si dirà che grazie al tal prodotto potrà gestire meglio clienti e scontistica, eccetera.
È sempre lo stesso prodotto, ma viene raccontato in modi diversi, tutti corretti ma con diversi accenti. Allora ciò che dobbiamo chiederci è: cosa vogliamo dire, prima di tutto, ai nostri diversi target?

I mezzi
Un altro fattore fondamentale da tenere in considerazione sono i mezzi e le piattaforme che erogheranno i contenuti, tutto dipende se dobbiamo comunicare in senso B2B o B2C.
LinkedIn, Youtube – che, ricordiamo, è fortemente utilizzato come motore di ricerca – ma anche Facebook e Instagram, Pinterest e addirittura Tik Tok. Ci sono poi le testate specializzate, i forum, i blog (compreso magari quello del proprio sito).

L’impianto di un articolo
E a proposito di blog, bisogna seguire delle linee guida anche nella scrittura dei contenuti che ne fanno parte.
Per scrivere un articolo è consigliabile seguire uno schema fisso, ovviamente con le dovute “licenze poetiche”.
L’approccio deve partire dal fatto che chi legge è autorizzato a non conoscere assolutamente nulla di ciò che stiamo presentando, anche se siamo nello stesso settore, anche se si tratta di persone addette ai lavori.
Ecco perché lo schema generale segue questi semplici passaggi:
— contesto (problema da risolvere, esigenza da soddisfare, norme di settore, eccetera)
— soluzione (strumento, macchina, tecnologia, eccetera);
— personalizzazione (capacità di modificarsi per migliorare le performance, altro);
— risorse (umane, di tempo, economiche: addestramento, tempistiche, costi – quando possibile);
— chiusura istituzionale (esperienza, specializzazione, know how, eccetera).
Questo vale anche per documentare delle case history: oltre alla stessa struttura devono avere tutte la stessa lunghezza ed essere articolate secondo gli stessi criteri, per evitare che alcuni casi sembrino più rilevanti e di valore rispetto ad altri.

La credibilità dell’autore
Un ruolo chiave è ricoperto proprio da chi queste indicazioni e linee guida le segue: chi scrive per l’azienda e a nome della stessa? Dipende.
Può essere una risorsa interna, che tratta il proprio tema con competenza e chiarezza. Per esempio la direzione per la visione imprenditoriale, il commerciale per il disegno dell’offerta, il tecnico per specifiche di utilizzo e vantaggi tecnici.
Ma può essere anche una risorsa esterna, che si pone in una posizione di critica costruttiva e produce una recensione onesta, documentata, avvalorata dai dati; solitamente il tema è legato al «prodotto».
Infine può essere un cliente soddisfatto, al quale somministrare un’intervista.

L’importanza della continuità
Quando si intraprende un percorso di dialogo con il proprio mercato – pregresso e potenziale – si deve essere consapevoli che gli episodi isolati non solo sono inutili, ma anche contro-produttivi.
Proprio per questo motivo si articola un PED (Piano Editoriale) che consente di avere uno sguardo a medio e lungo termine sui temi da trattare, soprattutto quando parallelamente si svolgono particolari eventi: fiere, lancio prodotto, nuovo catalogo, eccetera.
E qui entrano in gioco i competitors.

Aziende da monitorare
Il web ci consente di venire a conoscenza di – quasi – tutte le attività di comunicazione e promozione dei competitors, sia pubblicamente che attraverso specifici strumenti.
Monitorare la concorrenza è un modo per migliorare anche la propria comunicazione: si possono intuire tendenze, scoprire argomenti, valutare nuove gerarchie di informazioni e, perché no, trarre ispirazione per quei temi nei quali l’azienda si sente meno preparata, pur intuendone l’importanza.

Come procedere
Alla luce di quanto visto, come possiamo rendere accattivanti per il nostro target gli argomenti sui quali siamo più preparati?
A chi ci rivolgeremo in particolare e come potremo catturare l’attenzione per più di 7 secondi?
Per raccontare un prodotto, devono sedersi allo stesso tavolo i diversi ruoli aziendali oppure deve esserci un collettore, una cabina di regia che sappia selezionare i contenuti e individuare target e obiettivi.
Solo così potremo essere certi di ottenere credibilità e riconoscibilità.