Il mondo è in continua mutazione: alla velocità della luce si susseguono tendenze (come insegna Tim Gunn di Project Runway, un giorno sei IN e quello dopo sei OUT), nascono movimenti, si modifica il linguaggio. Cosa significa questo per la comunicazione?
L’ho chiesto alla mia collega Maddalena Bellasio, copy della Generazione Z.

Nella filosofia greca il concetto di logos indica un discorso rivolto sia all’interno di noi stessə che verso l’esterno e raccoglie in sé due significati: pensiero e parola; i due principi sono strettamente collegati.
In effetti le parole sono i mattoncini che usiamo per costruire le nostre idee, condividere pareri, sviluppare ragionamenti ed esprimere le nostre opinioni e sentimenti.

A livello individuale il linguaggio è in grado di influenzare e trasformare il pensiero in una relazione dinamica, tant’è che più il vocabolario di una persona è ricco, più questa sarà in grado non solo di esprimersi in maniera efficace, ma di costruire ragionamenti più complessi, articolati e profondi.

Se abbiamo solo farina e acqua potremo creare unicamente un pane semplice, ma se abbiamo anche uova, cioccolato, burro, confettura di albicocche potremo cucinare una Sacher… e nel secondo caso non saremo obbligatə a usare sempre tutti gli ingredienti a nostra disposizione e creare esclusivamente dolci complessi: potremo facilmente scegliere di fare del semplice pane; mentre nel primo caso non potremo mai ambire a una Sacher perché privə degli ingredienti di base necessari.

A livello sociale un idioma nasce proprio dall’esigenza comune di spiegarsi e capirsi e si sviluppa in una convenzione condivisa dalla società che ne fa uso; così il linguaggio diviene lo specchio della realtà. La società è fatta di persone, le persone di pensieri e i pensieri di parole: ecco che il linguaggio diventa un elemento determinante nello sviluppo e nella rappresentazione dell’organizzazione sociale; e quando la società, insieme alla sua sensibilità e alle sue esigenze, cambia? Il linguaggio deve evolvere con essa.

Il cambiamento della società non si riflette solo nelle creazioni di nuovi termini: si tratta soprattutto di come le parole vengono usate e quali messaggi si sceglie di veicolare. Qualche anno fa una pubblicità di un brand di gioielli recitava «Un ferro da stiro, un pigiama, un grembiule, un bracciale. Secondo te cosa la farebbe più felice?». Non parliamo solo di stereotipi sessisti, parliamo di anacronismo: una comunicazione di questo tipo non risulta efficace perché propone modelli vecchi, che sono stati superati e che quindi non sono più specchio della società a cui vengono proposti.
Non solo: se da una parte il linguaggio deve rappresentare le dinamiche sociali, dall’altra deve essere un incentivo per migliorare in termini di sensibilità e attenzione.

La comunicazione della propria azienda, che sia commerciale o istituzionale, è uno dei momenti in cui si è più vicini alle persone a cui ci si rivolge, in cui si crea fiducia reciproca e un rapporto di scambio, rispetto e collaborazione. È un elemento fondamentale per la propria credibilità e per il modo in cui si viene percepiti.

Con una comunicazione poco attenta si rischia davvero facilmente di venir lettə come sessistə, antiquatə, boomer o anche solo superficiali: non è per forza una questione ideologica, ma è una questione di immagine, attenzione e consapevolezza del contesto attuale. Passa proprio per il linguaggio la dimostrazione di essere immersə nella realtà in cui viviamo, vicinə alle persone a cui ci si rivolge e ricettivə rispetto alle esigenze e alla sensibilità della contemporaneità. Oltre che di attenzione, diventa segno di professionalità.

Si può fare la differenza anche con accorgimenti apparentemente minimi, ma che in realtà hanno grande valore: scegliere di utilizzare “essere umano” al posto di “uomo” per descrivere il genere umano, salutare con un benvenuti e benvenute, scegliere titoli neutri quando ci si rivolge a persone sconosciute, senza presupporre nulla (perché la banca XY a prescindere chiama ogni uomo “Dottore”, mentre io – nonostante la mia laurea – rimango “signorina”?) o mettere un asterisco, uno schwa (ə), un 3 o una “u” alla fine delle parole.

La società è fatta di persone, le persone di pensieri e i pensieri di parole: la bellezza e la ricchezza dell’umanità si trovano proprio nella diversità e nella sua grande capacità di cambiare: allo stesso modo il linguaggio non deve fossilizzarsi su posizioni vecchie e su regole superficiali, ma deve essere malleabile e plasmarsi sulla base delle entità che rappresenta, cambiando in armonia con la società. Anche solo attraverso un asterisco.

 

Foto: Markus Winkler on Unsplash